Perché un giovane pilota regge il suo primo trionfo e un artista uscito da un Talent rischia di perdersi?

Quando un giovane pilota vince la sua prima gara, il sistema in cui è immerso lo tiene agganciato a terra. Quando un artista vince un Talent, invece, spesso viene sparato in orbita senza una rete di rientro.
Da psicologa, la differenza non è romantica né morale: è strutturale.

Nelle scuole di formazione dei giovani piloti, mi colpisce la particolare attenzione data al saper gestire i picchi, all'allenamento della mente e corpo sotto pressione, a saper leggere i segnali interni. Dopo una vittoria non c'è mai "tutto e subito": c'è il debriefing, il protocollo di rientro, il lavoro sulla concentrazione, la cultura della stabilità. Il talento è soltanto uno dei fattori, non il baricentro.

Osserviamo invece che chi esce da un Talent vive l'opposto. Il primo successo arriva come un'onda improvvisa, spesso prima che la persona abbia costruito un'identità stabile. La visibilità accelera tutto: aspettative, richieste, narrazioni degli altri. La mente giovane, ancora in formazione, si trova a sostenere un livello di esposizione per cui non è stata preparata. Nessuno ti insegna a "rientrare" dopo l'applauso. Nessuno ti spiega che l'adrenalina del palco deve avere un tempo di raffreddamento. Nessuno ti accompagna a mettere ordine quando il successo diventa più grande di te.

È qui che si crea la frattura: il pilota è allenato a gestire il picco; l'artista viene spesso lasciato senza specifico accompagnamento per attraversarlo.

Nel mondo creativo c'è ancora l'idea implicita che il talento possa bastare o che il successo sia un premio, oppure che l'emozione positiva sia automaticamente sostenibile. Ma il successo, psicologicamente, è un impatto forte. Può amplificare fragilità già presenti, accelerare dinamiche identitarie instabili, e generare una pressione costante: "ora devi confermare", se non ci sei preparato.

Il giovane pilota non deve "confermare": deve continuare un percorso.
Il giovane artista sì, e lo deve fare senza strumenti.

Questa asimmetria spiega perché alcuni ragazzi, soprattutto quando il successo arriva troppo presto, perdono direzione. Non perché sono fragili. Ma perché non hanno un sistema che li sostiene nel momento più delicato: la discesa dal picco.

La differenza non è il talento.
La differenza è l'ecosistema in cui il talento atterra.

Nel Creative Mental Health Lab vogliamo lavorare anche su questo punto: come costruire un vero ecosistema mentale per i giovani talenti, in grado di proteggerli non solo dalle pressioni e frustrazioni, ma anche dal successo improvviso.

Non si tratta di copiare lo sport. Sono contesti troppo diversi, con esigenze operative che non possono essere semplicemente sovrapposte.
Serve imparare a leggere ciò che lo sport ha già capito. Nel lavoro creativo la gestione del picco è ancora lasciata alla spontaneità. E questo è un limite serio, soprattutto oggi, con i social che amplificano e accelerano tutto, molto più di quanto la
cultura tradizionale del talento abbia mai previsto.

Fouzia Draoua

Resilience Room Director